martedì 23 novembre 2010

Lei (1)

 

“Non era semplicemente un'artista, non era infatti Lei a generare arte, ma era stata l'arte a generare Lei. Ogni cellula del suo corpo trasudava energia creativa, ogni suo gesto, ogni suo sorriso, ogni suo muscolo pareva vibrare il soffio di una musicalità ultraterrena. La sua voce era calda, rotonda, sapeva scavare dentro, era in grado di aggirare le barriere di chiunque - conosceva il passaggio segreto, conosceva la magia - e penetrava giù, più in fondo, oltre le maschere, oltre le etichette, più in fondo, in quella valle incantata dove siamo tutti un po' bambini e un po' bestie. Non aveva bisogno di fare arte per trasmettere emozioni. Ciononostante, amava dipingere. Amava giocare con i colori. Pensava che ogni singola tonalità di ogni singolo colore veicolasse qualcosa di diverso con se’: caldo, leggerezza, passione erotica, tensione, rabbia cieca, rabbia di velluto. Amava giocare appunto, perché per lei dipingere era un gioco, un gioco serio che le permetteva di trasmettere i contrasti che la alimentavano, che la costringeva a strappare con le sue unghie smaltate uno squarcio della propria anima, strappare e poi incollare, su tela, creare una nuova dimensione, dipingere una nuova emozione, comporla con tutte le proprie sfumature, osservarla domani, riviverla, rivivere e in un certo senso non morire mai.
Morire.
Questo la terrorizzava.
Questo era troppo per la sua sensibilità.
L'idea che un giorno tutto sarebbe finito le pareva così ingiusta, così fredda.
Non ci pensava, ma lo sapeva.
Rabbrividiva all'idea che le sue carni sarebbero invecchiate, e poi seccate, fino a diventare nulla.
Nulla.
Perché?
Silenzio.
Non ci pensava, appunto.

Mai.
Quasi, mai.”

Al prossimo passaggio segreto,
Francesco

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