mercoledì 9 settembre 2009

Allegria!

Mike Esiste in Italia una sorta di delirante sindrome collettiva, tale per cui post-mortem vengono osannati, incensati personaggi che in vita erano stati accantonati, come se il sonno eterno donasse loro quell'aura di superiorità, come se il loro essere preziosi si materializzasse quando ormai è troppo tardi. Il delirio collettivo per Michael Jackson, elevatosi in poche ore dallo status di maniaco-stupratore-di-bambini-tossico-negrosbiancato a quello di mito-malatodivitiliggine-fragile-amantedeibimbi mi ha disgustato, perché sbatte un faro in faccia all'ipocrisia e alla superficialità di un mondo che lo ha prima cullato e poi affossato fino a sotterrarlo, per poi re-innalzarne la sua immagine, quando è troppo tardi. Come un gruppo di bulletti che picchiano un loro coetaneo, un po' più fragile, e poi quando riescono finalmente ad ucciderlo scoppiano in lacrime perché - "dai cazzo!" - stavano solo giocando. La morte merita rispetto e forse un po' di silenzio in più, e non apprezzo queste elegie tardive e smielate per chicchessia.
Ma per Mike, è diverso.
Mike era una di quelle costanti nella vita di ognuno di noi, una di quelle colonne che credi nulla possa intaccare, uno di quegli uomini che paiono davvero saper flirtare con la vita, sedurla, e con essa convivere in Allegria, anche ad 85 anni. Ed è stato coerente fino all'ultimo, morendo a Montecarlo, e trascinando per sempre via con se qualcosa di più rispetto alla sua persona, alla sua immagine bonaria, seppellendo per sempre un pezzo di un’Italia che non c'è più, di quell'Italia analogica fatta di lacca e bianco e nero, di quell'intrattenimento forgiato da uomini profondi che sanno farsi leggeri, ma trasmettono  - inevitabilmente - lo spessore di una vita cresciuta tra amore, campi di concentramento, polvere e stelle.
Oggi accendi la televisione, e nello stesso momento della giornata in cui fino a pochi anni fa girava la ruota, osservi Papi o Mammuccari che si agitano squillanti come sultani nel loro harem, e pensi che qualcosa non torna, che c'è qualcosa di artificiale in quei sorrisi, in quelle tette, pensi che quell'allegria  in HD ha la “a” minuscola e siliconata, che qualcosa dev'essere andato storto, che forse non era implicito né necessario che la televisione dovesse rappresentare uno dei più invisibili e pericolosi morbi per il nostro cervello, che ci sono stati uomini che hanno saputo e voluto far dono agli italiani della loro intelligenza, della loro ironia, delle loro gaffe, della loro vulnerabilità. Pensi alla signora Longari, caduta sull'uccello, all'imbarazzo per quella volgarità genuina ed infantile che oggi non farebbe arrossire neppure un bimbo. Pensi alle pubblicità di Mike con Fiorello, a quell'Allegria affettuosa, casareccia, semplice, tenue, velata, oggi spenta per sempre, domani dimenticata per sempre, travolta e oscurata dal rombo totalitario dell’allegria in silicone.

Alla prossima sindrome collettiva,
Francesco

3 commenti:

  1. Ciao, veramente un bel blog interessante..
    Quel che scrivi su Mike è bellissimo.. soprattutto in questi giorni in cui si sentono sempre le solite frasi fatte.. ripasserò a trovarti
    JAcko

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